Storia di una milanese emigrante del vaccino

Sono trascorsi ben due anni dall’inizio della pandemia Covid-19 e gli italiani sono alle prese con il turn-over delle vaccinazioni, tamponi e green pass. Sembra una storia che non avrà mai fine.

Il 2022 è stato segnato da un paio di novità: l’obbligo vaccinale con conseguente green pass per i lavoratori over 50 e la multa a chi non si sottoponeva all’inoculazione entro il 1° Febbraio.

Chi non era in posssesso della carta verde non poteva entrare in banca, posta, uffici pubblici, biblioteche; una messa al bando da ogni attività per spingere quello zoccolo duro di over 50 non disposti ad obbedire ai dettami del Governo Draghi e del suo ministro della salute Speranza.

A Febbraio 2022 arriva anche un nuovo vaccino, il Novavax a base proteica, creato da una società statunitense. Definito da molti esperti virologi come il vaccino degli indecisi.

Novavax o Nuvaxovid è un vaccino tradizionale rispetto ai vaccini a mRNa come Pfizer e Moderna e a vettore virale come AstraZeneca e Johnson&Jonhnson.

In Lombardia, in attesa dell’arrivo del Novavax, la Giunta regionale boccia la mozione del Movimento Cinque Stelle che chiedeva che il nuovo vaccino potesse essere destinato a chi non aveva ancora effettuato le prime dosi. Marco Fumagalli, che aveva firmato la proposta, proponeva di indicare o creare percorsi agevolati per chi ancora era scettico verso i vaccini a mRNa per venire incontro ai dubbiosi, poiché si era ancora nella fase sperimentale. Pochi giorni dopo in una conferenza stampa tenuta all’hub vaccinale di Gallarate alla presenza del generale degli Alpini Francesco Paolo Figliuolo, il consulente di Regione Lombardia, Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, proferisce queste parole: «Chi non si vaccina oggi in attesa di utilizzare il vaccino che arriverà domani, commette un errore. I vaccini sono tutti uguali e in Lombardia siamo tutti uguali per cui non sarà mai concesso di scegliersi un vaccino».

Fin qui i fatti di quei giorni d’inizio 2022.

Una milanese over 50 che ci legge da tempo ci racconta la sua storia che s’intreccia perfettamente con gli eventi di quel periodo. Dunque dice Luisa (nome che le attribuiamo per agevolare la narrazione) che s’è convinta a vuotare il sacco dopo avere ricevuto l’avviso dell’inizio della procedura per comminarle la contravvenzione di 100 euro.

Ebbene Luisa si reca tre volte al centro vaccinale presso il Palazzo delle Scintille in corso Magenta a Milano e per ben tre volte, nonostante fosse affisso alla parete dello studio il cartello “dosi Novavax”, il medico le rifiuta la dose di proteico offrendole il vaccino a mRNA. Il motivo – le viene spiegato – è che a nessuno è riconosciuta la facoltà di scegliersi il vaccino.

Nella mente della milanese cominciano a farsi strada diversi quesiti: “il vaccino è fatto per contenere l’epidemia? Perché se sono obbligata non mi è consentito di scegliere, sapendo che il vaccino che ho richiesto è disponibile? La donna viene poi a sapere che anche ad altre persone, come a lei, è negato il vaccino proteico perché, all’hub vaccinale di Milano, è il medico vaccinatore a decidere. Anche se non ti ha mai visto e non conosce la tua storia sanitaria.

Il Novavax sembra vietato, come se si dovesse dare precedenza ai vaccini Pfizer o Moderna, quasi ad omologare i lombardi sottoposti ad un’ unica specie di vaccino. Forse si teme di creare un gruppo di controllo somministrando altri vaccini? Forse si ha paura che nasca il dubbio che i vaccini a mRna non siano così efficaci a contenere il contagio? O forse Regione Lombardia ha in stoccaggio una quantità di vaccini che se non usati finiscono al macero?

In questo caso poco importerebbe somministrarli, pur di eliminarne le scorte, anche se fosse evidente che si tratterebbe comunque di vaccini obsoleti e del tutto inefficaci contro le eventuali varianti del virus che dovrebbero debellare. Il medico vaccinatore, per tanto, deve eseguire e vaccinare.

Luisa si mette in contatto con un funzionario dell’assessorato al Welfare di Regione Lombardia, guidato da Letizia Moratti e lo informa che in molte regioni il Novavax non era negato a chi doveva sottoporsi al ciclo primario, così come era riportato da molti giornali. Tra queste cita il Trentino.

La risposta che ottiene dal funzionario (di cui la milanese conosce l’identità) è: «Vada in Trentino a vaccinarsi».

Luisa comunque non si arrende e scrive un messaggio all’Aspss del Trentino che le fissa subito due appuntamenti per la prima e la seconda dose. Quando si trova in difficoltà nell’ottenere il green pass per un errore amministrativo del Ministero della Salute si rivolge sempre all’Aspss Trentino, che nel giro di 48 ore risolve il problema.

Luisa è fatalmente portata a fare un confronto con Regione Lombardia dove è tutto digitalizzato e dove è ormai praticamente impossibile avere anche un semplice contatto telefonico.

I Lombardi vivono di app, sono già nel futuro auspicato dall’ingegner Klaus Schwab, quello del Forum di Davos; sì, avete capito, il guru del transumanesimo, proprio lui. Il digitale ha soppiantato il contatto umano; il robot parlante, implacabile, ha creato il vuoto tra il cittadino/utente e il pubblico funzionario che così ha meno contatti, nessuna scocciatura, ma soprattutto nessuna lamentela. È il bello del progresso.

La storia di Luisa, emigrante del vaccino, ci fa riflettere e ci domandiamo: se la vaccinazione è utile per limitare il contagio perché obbligare all’inoculazione con un vaccino anziché un altro? Si tenta di far passare il Novavax come un flop; forse perché è negato a chi ne ha fatto richiesta dai medici vaccinatori lombardi?

Tanti dubbi affiorano. Non è che la gestione della pandemia è stata gestita in modo da creare paura, terrore nelle persone? Come mai l’Assessore al Welfare, con l’appoggio dell’Ordine dei Medici, ha premiato e avvantaggiato i medici vaccinatori (creandone addirittura la figura che non esiste in alcuna altra parte del mondo) trascurando, quando non punendo, quelli che hanno curato i malati di Covid-19 fino a sospenderli dalla professione?

Molti aspetti, anche sotto il profilo sanitario e non solo politico, di ciò che è accaduto in questi anni di pandemia dovranno essere chiariti. L’augurio è che i medici che hanno avuto coraggio nell’esprimere i dubbi e le perplessità su quanto stava accadendo e hanno dato vita a comitati di ricerca scientifica autonomi, possano aumentare ogni giorno. Il cambiamento di rotta nella gestione della salute pubblica appare improcrastinabile.

Gli italiani si meritano i medici che hanno tenuto fede al giuramento di Ippocrate (fino a subire la privazione dello stipendio); non gli opportunisti che per il quieto vivere non si sono opposti alle scellerate disposizioni di un potere politico cinico e spesso incompetente.

(crediti fotografici Ats-Montagna)

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